L’introduzione della bag tax è arrivata nei giorni scorsi,
con l’approvazione in consiglio comunale di un progetto di legge ad hoc,
passato con 28 voti a favore e 20 contrari, ed entrerà in vigore a partire dal
prossimo 1 ottobre.
Il via libera è
giunto, tuttavia, dopo un iter tutt’altro che lineare. Il dibattito si è
rivelato molto lungo (circa due anni) e, soprattutto, è stato caratterizzato da
una forte opposizione, forse anche a causa dall’ampia diffusione dei sacchetti
di plastica, molto utilizzati dai newyorkesi: secondo le autorità, i cittadini
della grande mela usano 9,4 miliardi di buste all’anno, in gran parte non
riciclabili.
Inizialmente la
proposta di legge prevedeva una tassa di 10 centesimi per ogni sacchetto. Per ottenere
il sostegno della maggioranza del consiglio, si è poi deciso di ridurla a 5. Altri
tentativi erano stati fatti in passato, come quello proposto dal precedente
sindaco di New York, Michael Bloomberg, che aveva ipotizzato una tassa di 6
centesimi per busta, ma non erano andati a buon fine.
In base alle nuove
norme, saranno esenti dal pagamento tutti coloro che faranno acquisti con buoni
spesa (ovvero le persone con reddito basso), chi porterà via gli avanzi di cibo
dai ristoranti, i venditori di strada, chi comprerà medicinali e chi farà
acquisti nei negozi di alcolici.
Una tassa di 5
centesimi sulle buste utilizzate per fare la spesa con lo scopo di combattere
gli sprechi e ridurre i rifiuti. È la misura proposta dal sindaco di New York,
Bill De Blasio, per incentivare il riciclo e scoraggiare l’utilizzo dei sacchetti
usa e getta.
Un intervento che si è
reso necessario non solo per combattere l’emergenza ambientale, ma anche per
far fronte ai costi di smaltimento dei rifiuti: oggi la grande mela spende,
infatti, circa 12,5 milioni di dollari all’anno per trasportare 91.000
tonnellate di buste di plastica e carta da smaltire in altri Stati.
La lotta newyorkese
agli sprechi non riguarda soltanto la plastica: anche le buste di carta sono infatti
finite nel mirino del consiglio comunale. Se infatti la tassa avesse riguardato
soltanto i sacchetti di plastica, i cittadini si sarebbero limitati a
sostituirli con quelli di carta, senza quindi realizzare una vera riduzione
degli sprechi. L’auspicio è quindi che i cittadini, scoraggiati dal pagamento
di una tassa, siano spinti sempre più a fare la spesa utilizzando buste
riutilizzabili, zainetti, ecc.
I dati sembrano
confermare l’efficacia di queste azioni correttive: nelle diverse città
americane che hanno introdotto misure simili, si è infatti assistito ad un
importante calo dell’utilizzo di sacchetti di plastica a favore di buste verdi
e riutilizzabili.
Su questo fronte l’Italia
sembra essere all’avanguardia, facendo per certi versi anche da apripista agli
altri Paesi: dall’1 gennaio 2011, infatti, vige il divieto di
commercializzazione di sacchi non biodegradabili.
FiscoOggi.it - Martedì 24 Maggio 2016
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