L’Agenzia delle Entrate, nella ris. 10.11.2014 n. 98, ha chiarito che
le
cessioni all’esportazione con trasporto a cura del cessionario possono essere operate
in regime di non imponibilità IVA anche qualora il cedente dimostri l’avvenuta
uscita dei beni dal territorio della UE successivamente al termine di 90
giorni.
Il chiarimento dell’Agenzia si fonda sui principi definiti dalla Corte di
Giustizia UE nella sentenza del 19.12.2013, relativa alla causa C-563/12. In
tale sentenza, la Corte di Giustizia UE ha valutato la legittimità del termine
di 90 giorni, per fornire prova dell’effettiva esportazione dei beni, ai fini
della non imponibilità IVA della cessione. Secondo la Corte di Giustizia, gli
Stati membri possono stabilire un “termine ragionevole per le esportazioni (…),
al fine di verificare se un bene oggetto di una cessione all’esportazione sia
effettivamente uscito dall’Unione”.
Tanto premesso, secondo i giudici, una normativa nazionale che subordini l’applicazione
del regime di non imponibilità IVA ad un termine per l’uscita della merce,
senza però consentire al soggetto passivo di dimostrare che la condizione per
beneficiare dello stesso è stata comunque soddisfatta, eccede quanto necessario
per contrastare fenomeni di elusione ed evasione fiscale.
Nell’ipotesi in cui il cedente abbia prudenzialmente applicato l’IVA
relativa all’operazione di cessione all’esportazione e fornisca la prova dell’avvenuta
uscita dei beni oltre il termine di 90 giorni, è consentito il “recupero” dell’imposta
già versata, mediante o la nota di variazione in diminuzione, entro il termine
per la presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa al secondo anno
successivo a quello di esportazione; oppure con l’istanza di rimborso, entro il
termine di due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto
impositivo.
Maria Delle Cave
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