ha chiesto All'agenzia delle Entrate, tramite interpello, chiarimenti in merito alla possibilità di mantenere la qualifica di ONLUS, anche nell'ipotesi in cui, nell'ambito della propria attività di consultorio - al fine di assicurare il completamento della terapia e, così, garantire il proficuo trattamento dell’utente - renda anche prestazioni il cui corrispettivo, non rimborsato dalla Regione, resta a carico dello stesso utente. L’Agenzia delle Entrate ha risposto, come segue, con
L’attuale
disciplina dei consultori della Lombardia prevede che l’attività consultoriale
sia gratuita (coerentemente con quanto originariamente previsto dalla norma
nazionale), fatta salva la previsione del
pagamento di una somma, a titolo di compartecipazione alla spesa, a carico
dell’utente in relazione a talune “prestazioni aggiuntive”.
Conseguentemente,
accade che, per le prestazioni rese da taluni professionisti (psicologo,
psicoterapeuta, etc.), il numero massimo degli interventi rimborsati dalla
Regione possa risultare insufficiente ai fini dell’efficacia della terapia in
corso, rendendosi, invece, necessari “ulteriori interventi”, il cui onere viene
sostenuto dal paziente-utente.
Con
la risoluzione n. 70/E del
2009 l'Agenzia delle entrate ha chiarito che un ente che gestisce un
consultorio può essere iscritto nell'anagrafe ONLUS, nel settore
dell’assistenza sociale e socio-sanitaria.
Nel
caso prospettato dalla Fondazione, la Regione Lombardia
- nel rispetto dei principi previsti dalla normativa nazionale e dalla delibera
della Giunta regionale del 28 dicembre 2012, ed in virtù delle diminuite
risorse finanziarie a disposizione - ha previsto un contingentamento delle
prestazioni rimborsabili dal sistema sanitario per ogni ambito di intervento
prevedendo il pagamento da parte dell’assistito delle eventuali ulteriori
prestazioni che risultino necessarie al completamento della terapia.
La fondazione ha precisato che le prestazioni
effettuate verso corrispettivo (comunque calmierato e non equivalente al valore
di mercato) siano analoghe a quelle rese gratuitamente e rimborsate dalla
Regione Lombardia.
Si
tratta, infatti, di “ulteriori interventi”, che sono necessari a garantire
l’efficacia delle terapie in corso e nel caso in cui il paziente/utente ha già
usufruito del
numero massimo di prestazioni rimborsabili dal servizio sanitario.
A
tali condizioni, si ritiene che le predette prestazioni possano rientrare tra
le attività “direttamente connesse” di cui al comma 5 dell’articolo 10 del
D.Lgs. n. 460 del 1997.
Si
ricorda che l’esercizio di tali attività “direttamente connesse” “è consentito
a condizione che (…) non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che
i relativi proventi non superino il 66 per cento delle spese complessive
dell'organizzazione” (vedi articolo 10, comma 5, ultimo periodo, del D. Lgs. n.
460 del
1997).
Al
riguardo, come precisato dalla circolare n. 168/E del 26 giugno 1998, la
prevalenza va valutata tenendo conto di un insieme di elementi rilevanti al
fine di una comparazione tra le attività istituzionali e quelle direttamente
connesse, quali ad es. gli investimenti, l’impiego delle risorse materiali ed
umane ed il numero delle prestazioni effettuate.
In
conclusione, nel rispetto delle condizioni sopra evidenziate, si è dell’avviso
che la Fondazione
interpellante - pur incassando dei compensi per le prestazioni aggiuntive rese
ai medesimi pazienti a completamento di una terapia già in corso - non perda la
qualifica di ONLUS.
Fonte:
Agenzia delle Entrate Risoluzione n. 10/E 23 gennaio 2015
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